sabato 25 aprile 2009

2 commenti:

  1. Gentili signori,
    desidero innanzitutto comunicarvi il mio plauso per la scelta di un «testimonial» come Luca Mercalli, personaggio pubblico noto ma non coinvolto in lobbies partitiche né mafiose. Mi è piaciuta la serata di ieri al Polivalente sia come approccio con la cittadinanza che come presentazione verso l’esterno. Spero non rimanga solo un episodio pseudo-elettorale, ma possa diventare un modo di instaurare un dialogo con la gente utilizzando voci amiche e competenti.
    Condivido alquanto il programma ipotetico, ma tutt’altro che fantasioso, illustrato da Mercalli che poi, da quanto leggo, si rispecchia assai in quello della vostra lista, ma vorrei ora esternarvi alcune mie osservazioni che, se lo riterrete opportuno, potrete considerare alla stregua di consigli.
    Alla voce: «● Creare le condizioni per favorire nuove attività lavorative, anche in forma cooperativa, legate da un lato al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici e dall’altro alla valorizzazione del territorio e dei prodotti locali» collegherei senz’altro il discorso della valorizzazione delle realtà orticole (anche individuali) e una rivitalizzazione del settore vitivinicolo. In fondo l’Indritto di Bussoleno è sempre stato terra di vigne (anche se in parte falcidiate, come giustamente ha ricordato Mario Cavargna, dalla fregola all’edilizia interessata). Con i cambiamenti climatici forse anche l’Inverso potrebbe dare risultati in questo senso. Altri paesi della nostra valle hanno puntato su vino e i risultati si vedono, senza andare lontano basta guardare a Chianocco, Bruzolo, San Didero.
    In diversi punti del programma si parla di valorizzazione culturale: «● Valorizzazione delle diversità culturali che intendiamo come ulteriore ricchezza del territorio
    ● Diffusione della cultura delle pari opportunità in ogni ambito dell'attività comunale, della vita sociale e culturale ● Favorire momenti e luoghi di aggregazione e contribuire allo sviluppo e alla diffusione di una cultura locale che si inserisca in una visione più ampia delle problematiche contemporanee, conservando tuttavia la propria identità».
    Se, come é stato detto (e io ne ero convinto da già tempo), Bussoleno è brutta come città (o paese che dir si voglia) questo è dovuto anche al fatto che non ha un legame stretto con i suoi abitanti, non vi è un legame d’identità, questo forse anche a causa di situazioni socio-economiche che ne hanno fatto più un dormitorio di pendolari che una realtà viva sul locale. Anni d’amministrazioni varie e variopinte non hanno fatto nulla per invertire questa tendenza che sfocia inevitabilmente nel trasformarla in una città-cimitero, piena di serrande abbassate, di case vuote e brutte, di strade malcurate, di tombini sprofondati, di dossi inutili, di orti incolti e di vigne che muoiono come lo spirito d’amicizia.
    Orbene io sono assai impegnato in un discorso di valorizzazione e tutela culturale per quanto concerne la realtà piemontese e, di conseguenza, credo molto nella necessità di coinvolgere la gente in un discorso di valorizzazione, ma per poter valorizzare delle diversità culturali occorre ( a mio parere) che ci sia una cultura locale che serva per il confronto. Il mio pensiero è questo: si deve lavorare affinché la gente indigena trovi una sua identità (linguistica, culturale, storica, gastronomica, folklorica, ecc) e che questa, a sua volta trovi un collegamento forte con il luogo dove vive (monumenti, manufatti storici, leggende, personaggi nuovi e vecchi) conoscendolo, apprezzandolo ed amandolo. Chi ama il luogo ove abita sicuramente è più sensibile ad averne cura e a lavorare (anche gratis) per mantenerlo vivo e/o migliorarlo.
    Non è vero che valorizzando i nostri valori ancestrali ed originali si faccia un discorso xenofobo (queste sono le accuse pressapochistiche usate dagli ignoranti), ma, al contrario si creano le basi per poter impostare un confronto fra la realtà ospite e quella ospitata. È solamente se si hanno dei valori da offrire per un confronto sano (culturale e non ideologico) che si potranno ottenere delle risposte dagli interlocutori.
    Concludendo (ma resto in ogni caso disponibile per eventuali approfondimenti sull’argomento) io penso che se si vuole far rivivere un paese occorre partire dalla sua gente, dalle sue radici, dal suo modo di esprimersi, dal suo modo di vivere originale che vada ad intrecciarsi in modo equo con la modernità senza subirne gli oltraggi, dalla sua storia che ammuffisce e scompare nella pancia dei topi, dal suo territorio che l’esperienza di migliaia di generazioni ha plasmato con saggezza. Allora sì che sarà bello e proficuo potersi incontrare e confrontare con quelle genti che giungono da terre lontane.
    Mi scuso per la mia lunga (e spero non noiosa) dissertazione e vi auguro buon lavoro!

    Cordialmente vostro
    Michele Bonavero
    (Bussoleno)
    p.melampo@tiscali.it

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  2. Buongiorno Sig. Bonavero,
    la Sua dissertazione non è assolutamente noiosa, anzi, trovo le Sue osservazioni estremamente condivisibili!
    Nei miei primi approcci a quello che ora è il gruppo di Bussoleno Provaci avevo sottolineato il grigiore (anche sociale e culturale) in cui versa Bussoleno e avevo visto come via d’uscita la formazione di uno spiccato orgoglio cittadino, così da poter instaurare un circolo virtuoso che porti a rendere più bello e vivibile Bussoleno. Facendo amare il proprio Paese ai cittadini sarà più semplice avere strade pulite, comportamenti rispettosi delle persone e tutto ciò che è dettato da un buon senso civico. Nella serata da Lei citata il Sig. Cavargna parlava di tempi lunghi, salti generazionali…forse non si riuscirà a realizzare immediatamente questa valorizzazione sociale e culturale ma di certo ci impegneremo a gettare parecchi semi ed a coltivarli con cura.
    Cordiali saluti.
    Stefano Girard.

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